Haiti – A 11 anni dal sisma, i paradossi di un Paese diviso tra crisi ed insicurezze
di Alessandro Cadorin, Caritas Italiana
Haiti è un Paese che riesce sempre a sorprendere. Quando il 19 marzo dell’anno scorso sono stati accertati i primi due casi di positività al COVID-19 si è subito temuto il peggio. Cosa poteva succedere al diffondersi della pandemia in uno dei paesi più poveri del mondo con un sistema sanitario disastroso già fragile in condizioni “normali”?
In un rapporto del 2017 della Banca mondiale emergeva chiaramente la povertà del sistema con una significativa mancanza di investimenti in servizi di salute pari ad una spesa pubblica pro capite 26 volte più bassa rispetto alla media della regione dell’America Latina e dei Caraibi, 13 USD ad Haiti contro i 336 USD del resto della Regione.
All’inizio della pandemia, si contavano solo 680 posti letto per i pazienti COVID nel sistema pubblico, dei quali poche centinaia dotati di respiratori. Non erano disponibili invece i dati del settore privato, nel quale le cliniche attrezzate hanno verosimilmente una capacità limitata mentre il loro costo elevato le rendono inevitabilmente esclusive.
Inoltre, al di là del sistema sanitario farraginoso, si aggiunge la concreta difficoltà a far rispettare il distanziamento sociale e l’isolamento in quarantena: case di dimensioni ridotte e sovraffollate, strade e mercati pubblici sempre strabordanti di gente che per sopravvivere devono vendere e comprare prodotti. Tuttavia, nonostante l’apprensione, da allora al 6 gennaio 2021 il numero di casi confermati di COVID-19 ad Haiti è di 10.127 positivi e 236 morti registrati.
I casi sono leggermente aumentati durante il periodo natalizio ed il Governo ha messo in guardia la popolazione sul rischio di una seconda ondata che però al momento non sembra essersi fortunatamente palesata.
Dei dati dunque significativamente meno gravi rispetto allo scenario peggiore ipotizzato, la cui spiegazione è ancora oggetto di discussione e di diverse ipotesi. Confrontando Haiti al suo vicino di casa, la Repubblica Domenicana, che al contrario soffre pesantemente il diffondersi della pandemia, emergono due prime grandi differenze: ad Haiti il turismo non è sviluppato ed il Paese ha molti meno contatti con l’esterno, le abitazioni haitiane per quanto spesso fatiscenti sono arieggiate senza l’ausilio di aria condizionata.
Sicuramente queste due condizioni possono aver limitato la diffusione del virus. In linea generale, inoltre, la popolazione haitiana è molto giovane e resiliente e l’esperienza sviluppata con l’epidemia del colera e la medicina tradizionale molto popolare nel Paese possono aver contribuito alla prevenzione del virus.
Va però anche detto che il numero di tamponi effettuati è molto basso, e ad avervi accesso è abitualmente una classe media benestante e già sensibilizzata. Riconoscere, quindi, i casi di COVID-19, anche in caso di attribuzione di decesso, è molto difficile, ed è dunque evidenti che i dati rispecchiano la realtà solo in parte.
Tuttavia, anche se i numeri non sono alti, le conseguenze della pandemia sulla globalità del sistema non sono state altrettanto modeste. Gli effetti negativi a livello sociale ed economico hanno compromesso ulteriormente la situazione di un Paese ricaduto già dal 2018 nell’instabilità politica e nell’insicurezza, stritolato da una crescente ineguaglianza e dall’aggravarsi della povertà. Se la svalutazione della gourdes, la moneta locale, sul dollaro americano, la valuta di riferimento per gli scambi commerciale, negli ultimi tre anni è continua e vorticosa tanto da causare un’inflazione catastrofica che ha inciso significativamente sul reddito familiare sia della già ristretta classe media, ancor di più si è abbattuta sull’esteso ceto popolare.
L’intervento governativo del settembre scorso, volto non solo a mettere un freno a questo deprezzamento, ma anche a riguadagnare il terreno perduto, ha avuto degli effetti contrastanti. In pochi giorni il tasso di cambio della gourdes sul dollaro è ritornato ai valori del 2017, passando dai 119.3 HTG per 1 USD, agosto 2020, agli attuali 71.4 HTG, gennaio 2021.
La mancanza di gradualità dell’intervento ha prodotto un’ulteriore instabilità, in quanto solo il prezzo di pochi prodotti di prima necessità importati è stato rivisto a ribasso, mentre gli stipendi spesso pagati in USD hanno perso radicalmente il loro potere di acquisto. Allo stesso modo il valore dei fondi dei progetti, i cui budget erano stati concepiti in Euro o USD ad un tasso di cambio decisamente diverso, si ridusse considerevolmente. Così ancora una volta Haiti ha lasciato basiti per i suoi paradossi inattesi, anche se con il COVID-19 tutto sommato positivi, questa volta decisamente ambivalenti.
Inoltre, se l’arrivo del virus nell’isola, aveva congelato fino all’estate quell’ondata di criminalità che aveva caratterizzato l’inverno 2019/20, con la rimozione delle misure governative di prevenzione della diffusione della pandemia – come ad esempio la chiusura delle scuole, i divieti di raggruppamenti, etc. – sono ricominciati anche i rapimenti.
Ciò si va ad aggiungere ai continui e mai sopiti scontri tra gang criminali, i cui conflitti si intrecciano e riflettono gli interessi delle diverse fazioni politiche. Proprio di controllo di territorio, voti e potere si parla. Non è un caso che delle due stragi che negli ultimi anni sono avvenute nella Capitale Port au Prince, quella di La Saline nel 2018 e quella recente del 31 agosto 2020 a Bel-Air, oltre ad essere avvenute entrambe in quartieri molto poveri e aver causato decine di vittime innocenti, sono state interpretate come dei tentativi brutali del presidente Moise di intimidire la popolazione ed affievolire il consenso dell’opposizione.
Prova è anche l’inerzia della Polizia Nazionale che ha lasciato compiere i due massacri senza intervenire, proprio in zone di forte contestazione al presidente, accusato di corruzione ed inettitudine. Tuttavia, il legame tra violenza e politica, ad Haiti ormai sembra sempre più evidente.
Ha fatto indignare opinione pubblica e società civile l’uccisione di Monferrier Dorval, presidente del Foro degli avvocati di Port-au-Prince, assassinato nella sua residenza privata il 28 agosto 2020. Dorval aveva manifestato i suoi contrasti con il Presidente. Tuttavia, il suo è solo uno dei tanti omicidi e atti di violenza che avvengono nel Paese, che sembra frutto di una strategia più generale, in parte voluta ed in parte incontrollata, che vede in questo stato di confusione il terreno ideale utile a favorire il controllo ed i business dei vari e spietati potentati locali.
E a pensare male anche questa nuova ondata di rapimenti che colpisce indiscriminatamente tutti i ceti e strati della società, oltre a fermentare dentro un ecosistema di diffuso disagio sociale ed economico, sembra essere anche figlia di una strategia della tensione che persegue fini politici. A pagarne le spese, come sempre i più vulnerabili ed anche chi si impegna nella cooperazione e nel sociale.
A Gros Morne, nel Dipartimento dell’Artibonite, due operatori sanitari dell’Ospedale HAM, sostenuto da Caritas Italiana e CEI, sono stati di recente rapiti e solo dopo qualche settimana liberati. Aa questo clima di insicurezza, la popolazione non resta sempre passiva ed inerme.
A Delmas 31, zona complessa di Port au Prince, dove opera con grande coraggio Suor Luisa Dell’Orto con il suo centro educativo e comunitario Kay Chal, dopo l’uccisione di un poliziotto che si era opposto al tentativo di dominio delle gang criminali sul quartiere, la comunità è insorta e costruendo delle barricate ha tenuto a distanza la minaccia delle bande.
Uno dei tanti episodi di modesto eroismo che succedono ad Haiti per lo più nell’indifferenza del mondo. Così con la stessa tenacia e resistenza la Congregazione dei Petits Frères Sainte Thérèse de l’Enfant Jésus operano a fianco dei contadini, i paysans, nelle zone remote del paese. Ed è proprio a loro e a Caritas Haiti che si rivolgono i due progetti FOCSIV-Caritas sostenuti dalla Campagna Dacci oggi il nostro pane quotidiano.
Da un lato favorire il lavoro con la costruzione di una “Banca delle sementi”, che consentirà di fornire ai piccoli agricoltori strumenti per la loro autonomia e per migliorare la loro produzione; dall’altro rispondere all’emergenza cibo e dunque all’acuirsi dell’insicurezza alimentare, fornendo grazie alla Caritas locale un sostengo alimentare a 700 famiglie vulnerabili.