Haiti – Una banca delle sementi per i piccoli agricoltori
di Alessandro Cadorin, responsabile Caritas Italiana ad Haiti
Haiti è un paese situato ad ovest dell’isola di Hispaniola nel mare dei Caraibi. Con una superficie poco più grande di quella della Sicilia conta una popolazione di circa undici milioni di abitanti (10,847,000 nel 2016), più del doppio della regione italiana, ed è considerato uno dei paesi più poveri del mondo. Registrando un valore di 0,503 dell’indice di sviluppo umano (UNDP 2018) Haiti si posizione al centosessantanovesimo posto su 189 paesi e territori. Nonostante un miglioramento riscontrabile dal 1990 al 2018 (incremento del 22,1%) nell’aspettativa di vita alla nascita (aumentata di 9,4 anni) e nella scolarizzazione, Haiti rimane il paese più vulnerabile dell’intero continente americano. Il valore nella dimensione della diseguaglianza è sensibilmente elevato e gli indicatori socio-economici sono i peggiori tra tutti i paesi dell’America Latina e Caraibi. Se nel 2017 il 41,3% della popolazione (4,5 milioni di persone) vivevano in povertà (intesa nelle sue diverse dimensioni), negli ultimi anni questo dato è addirittura peggiorato a causa dell’instabilità politica ed istituzionale che ha aggravato ulteriormente le condizioni di vita della maggioranza della popolazione.
La svalutazione della moneta locale, il gourdes haitiano, rispetto al dollaro americano, la dipendenza dalle importazioni, l’inflazione cavalcante e la ciclica penuria di carburante di uno stato dipendente dagli aiuti internazionali, unite all’aumento della criminalità e dell’insicurezza hanno contribuito ad acuire la fragilità di una situazione complessiva già di per se preoccupante che si è compromessa ancora una volta dopo l’arrivo della pandemia di corona-virus a marzo 2020 (i primi due casi sono stati riscontrati il 19 marzo). Da allora il numero di casi confermati di COVID-19 ad Haiti è in aumento esponenziale (650%) con 7.476 persone riscontrate positive e 165 morti registrati al 2 agosto 2020.
La pandemia ha anche incominciato a diffondersi nei centri di detenzione dove sono stati riscontrati centinaia di casi sospetti e alcune morti confermate. Gli effetti della pandemia di COVID-19 sui servizi sanitari, in particolare sulla salute materna, sono significativi. Gli indicatori sanitari sono allarmanti rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente con un aumento del 332% di casi confermati di malaria; una riduzione del 74% dei ricoveri ospedalieri e del 67% delle consultazioni prenatali mentre il numero di bambini vaccinati è calato drasticamente (due volte meno).
In termini di prevenzione ed intervento diretto sulla pandemia di corona-virus, l’OMS e tutte le maggiori agenzie della cooperazione stanno accompagnando il Ministero haitiano della Salute Pubblica e della Popolazione, ma le competenze e le risorse sono molto scarse per un sistema sanitario il cui budget già in tempi normali si regge per il 64% dall’aiuto internazionale. A fatica e con l’intervento e la supplenza di privati, congregazioni e ONG, il fragile e lacunoso servizio sanitario haitiano offre ai cittadini solo una scarsa e scadente assistenza medica. Le strutture ospedaliere e di salute sono per lo più fatiscenti e mal equipaggiate ed il personale medico non è formato per affrontare questa nuova malattia: i medici non sanno come comportarsi, come muoversi, cosa fare. È chiaro che il paese non ha le capacità per rilevare, trattare e contenere adeguatamente il Covid-19. Al momento ci sono solo qualche centinaio di posti letto in terapia intensiva e nonostante l’incremento il numero di respiratori è totalmente inadeguato. Ad oggi 5,1 milioni di persone hanno bisogno di assistenza umanitaria, ovvero il 47% della popolazione haitiana. L’insicurezza alimentare affligge 4,1 milioni di persone, cioè il 38% della popolazione haitiana, e le risposte messe in atto al momento non sono sufficienti. La stragrande maggioranza della popolazione inoltre vive in piccole abitazioni (e zone) totalmente prive di servizi. Sia che si accalchino in bidonville sovraffollate o in aree rurali sperdute solo il 23% della popolazione ha accesso ad acqua e sapone. Impensabile dunque l’isolamento e la quarantena a casa, considerando anche la difficoltà diffusa ad accedere ai beni essenziali.
La pandemia sta producendo effetti molto negativi sulla dimensione del lavoro.
Ad Haiti l’agricoltura risente della povertà dei suoli, dei frequenti uragani e della scarsità di macchine e sistemi di irrigazione; nei terreni più fertili si coltivano prodotti destinati alle esportazioni (soprattutto cacao, caffè, frutta). Sono presenti stabilimenti tessili (a Port-au-Prince, Caracol, Les Cayes, Léogane), zuccherifici (a Port-au-Prince, Jérémie, Léogane, Les Cayes), distillerie, manifatture del tabacco, impianti chimici e un cementificio (Cabaret). A causa delle limitazioni agli spostamenti introdotte dal governo, la disoccupazione è aumentata sia nel settore del secondario e terziario, a causa della chiusura forzata di alcune aziende, ma la situazione si è aggravata soprattutto nel mercato informale dei servizi e del piccolo commercio, tradizionalmente precario e sottopagato. Anche nell’agricoltura, l’impossibilità di rifornirsi di manodopera e di prodotti agricoli ha determinato una situazione di estrema crisi, che ha portato in alcuni casi le famiglie contadine a tentare di vendere gli animali da allevamento, destinati alla sopravvivenza quotidiana. Inoltre, le zone rurali sono state colpite anche da una dura siccità che ha compromesso i raccolti, peggiorato l’insicurezza alimentare e messo in ginocchio i piccoli agricoltori costretti ad indebitarsi anche solo per comprare le sementi per continuare a sopravvivere. Di fronte a tale situazione di sofferenza, le persone sono perciò obbligate a spostarsi per assicurarsi la sopravvivenza. La situazione del lavoro era cosi preoccupante che nonostante il rischio di maggiore diffusione della pandemia, dal primo di luglio il governo haitiano ha ridotto la maggior parte delle limitazioni e misure sul COVID-19, nel tentativo di non affossare ulteriormente l’economia di un paese già poverissimo.
Ed è proprio al sostegno del reddito dei piccoli agricoltori che guarda il progetto della congregazione haitiana dei Petits Frères de Sainte Thérèse (PFST), che mediante l’attivazione di una “Banca delle sementi” tenta di fornire ai piccoli agricoltori i principali fattori di produzione, allo scopo di favorirne l’autonomia produttiva e la capacità di migliorare nel tempo le proprie condizioni di vita.