La battaglia di Ahmed
Ahmed Kurdi, è un fabbro originario di Aleppo est. La guerra gli ha strappato un figlio e il terremoto ha portato lontano da lui il lavoro di una vita. Ma Ahmed non si è arreso e ha scelto ancora una volta la vita. Questa è la sua storia.
Gli occhi di ghiaccio di Ahmed sono un ossimoro sensoriale. Non gelano lo sguardo, ma creano un leggero tepore all’altezza del cuore di chi li incrocia. Non cristallizzano, come Medusa, nella paura sgomenta di un istante, ma sembrano piuttosto portatori di un amore che libera.
Ahmed è musulmano di Aleppo. Dopo quasi tredici anni di guerra vive ancora nella parte est della città, ma il conflitto armato e l’assedio che per anni soffocarono la storica città siriana lo hanno costretto a lasciare la propria casa e la propria officina, disintegrate dai bombardamenti aerei. Ahmed non ha scelto la guerra ma la guerra ha scelto lui, in un’equazione asimmetrica che lo ha privato del suo lavoro di fabbro, distruggendogli il laboratorio; che gli ha strappato il figlio, morto per un proiettile conficcatosi nel cuore mentre combatteva nelle fila dell’esercito lealista. Uno dei tanti martiri di una guerra, rinchiusi in un paradiso ideologico senza redenzione. La vita di Ahmed come quella di milioni di siriani ha subito molte scosse emotive nel corso degli ultimi, lunghissimi, 13 anni di conflitto. Poi è arrivata anche la scossa del terremoto che ha distrutto case e sepolto vite, vite che silenziosamente si erano nascoste allo sguardo di fuoco della guerra, nella speranza che la morte si dimenticasse ancora una volta di loro.
Ahmed ha aderito al progetto “Rise” di Caritas Siria e Caritas Italiana, volto alla riabilitazione di attività economiche danneggiate dal sisma e creazione di posti di lavoro per giovani siriani disoccupati. Giovani che saranno accolti nella sua bottega per imparare un mestiere. “Per me è come tornare a essere padre”, racconta Ahmed. “Mio figlio Mohammed aveva la loro età quando è stato ucciso. Il fatto di accogliere nella mia bottega dei giovani come Mohammed, è un’occasione preziosa per riconnettermi con l’aspetto di una genitorialità troncata di netto dalla guerra”. “Questa esperienza offre ai ragazzi la possibilità di ricostruirsi o meglio, di costruirsi una vita, grazie a un mestiere. Impareranno a realizzare arredi e mobili di design.” prosegue Ahmed. “Sono molto felice di collaborare ad un progetto della Caritas, un’organizzazione cristiana. È un segnale importante perché dobbiamo comunicare che la guerra nel mio Paese non è una guerra fra musulmani e cristiani. Siamo sempre stati fratelli, soprattutto nella città di Aleppo. In Siria negli ultimi anni è successo di tutto: guerra, Covid, povertà, colera e ora anche il terremoto. Manca solo l’invasione degli alieni” dice Ahmed ridendo. “Ma tutto questo non potrà toglierci la dignità di uomini, di rimanere umani. Questa è la nostra vera sfida, la nostra battaglia”.
Chiara Bottazzi