I drammi degli anziani nella tragedia del COVID-19
di Andrea Stocchiero – FOCSIV
Syed ha 80 anni, è un profugo dalla Siria, ed è stato colpito dal COVID-19 in un campo per rifugiati in Libano. È tra i tanti anziani contagiati dal virus in questo Paese. La vita nel campo certo non gli ha permesso di difendersi. Le condizioni di promiscuità e l’assenza di misure di protezione lo hanno esposto al contagio e reso più vulnerabile. Vive ora in modo straziante, senza respiro. Non vi è disponibilità di terapie intensive, la sua famiglia non sa che fare. La sua vita è ogni giorno più fragile ed a rischio.
Barbara ha 85 anni e viveva nella sua famiglia allargata nella periferia di Nairobi. I suoi figli e le sue figlie sono rimasti senza lavoro. La loro piccola tavola calda per gli impiegati del centro ha dovuto chiudere in conseguenza della pandemia provocata dal COVID. Sono tornati nel villaggio rurale di origine dove hanno un alloggio sicuro e dove possono contare su piccole attività che consentono loro di sopravvivere. Hanno perso tutto e Barbara, nonostante l’affetto della famiglia si sente triste, sconfitta e sola, dopo tutti gli sforzi fatti per avere una vita più dignitosa in città.
Carlos ha 70 anni, ma sembra molto più vecchio. È un anziano senzatetto di Buenos Aires. Non ha famiglia. Ha solo alcuni amici con i quali condivide a volte qualche pasto e lo stesso marciapiede. Il lockdown lo ha lasciato ancora più solo ed a rischio di ammalarsi di COVID. Le organizzazioni sociali che distribuivano aiuto di strada hanno dovuto sospendere le loro attività per un certo periodo. Carlos ha rischiato di morire di inedia. Ora riceve qualche aiuto, ma vive sempre più in angoscia.
Queste sono solo tre piccole storie che mostrano come l’impatto del COVID colpisca in diverse forme gli anziani. Come registrato dalle Nazioni Unite, e come sappiamo bene anche in Italia, il virus colpisce di più le persone anziane, si stima che le persone oltre gli 80 anni si ammalino 5 volte di più delle altre età.
Nel sito del Ministero della Salute italiano si legge che “in Italia su un campione di 85.418 pazienti deceduti e positivi all’infezione da SARSCoV-2 il numero di deceduti nei quali il COVID è la causa direttamente responsabile della morte varia in base all’età, con valori minimi nelle persone di età inferiore ai 50 anni e massimi nella classe di età 80-89 anni (…) l’età media dei pazienti deceduti e positivi a SARS-CoV-2 è di circa 81 anni ed è più alta di 30 anni rispetto a quella dei pazienti che hanno contratto l’infezione. A pesare il maggior numero di patologie, che si sovrappongono andando avanti con gli anni. Già dopo i 65 più della metà delle persone convive con una o più malattie croniche e questa quota aumenta con l’età fino a interessare i tre quarti degli ultra 85enni.”[1]
Le persone anziane soffrono più di altre di numerose discriminazioni che peggiorano con gli effetti del virus, alcune delle quali risultano più accentuate nei paesi impoveriti.
Molte persone anziane vivono in condizioni di marginalità dalla vita sociale ed economica. Vivono il dramma di essere persone sole, isolate, con poche relazioni sociali e umane. Se sono disabili la situazione è ancora peggiore. Il COVID non fa che renderle ancora più isolate. Un isolamento che se da un lato le protegge dal contagio, dall’altro le condanna ad una solitudine mortale, con gravi conseguenze psicologiche. Di COVID si muore anche così, in modo indiretto.
Nel caso gli anziani siano relativamente autosufficienti, possono comunque vivere situazioni di difficoltà se vivono in villaggi e città dove il servizio sanitario è carente o addirittura assente. La mancanza di accesso a questo tipo di servizio dignitoso è un problema molto diffuso nei paesi impoveriti e colpisce soprattutto gli anziani. Persone che più di altri hanno il problema della mobilità. Non è semplice per loro cercare e prendere un mezzo di trasporto per raggiungere punti sanitari distanti molti chilometri dal luogo di residenza.
Un altro problema che si vive in modo drammatico nei paesi impoveriti è quello secondo il quale le persone più anziane soggette di altre malattie, non siano curate a causa della situazione emergenziale provocata dal COVID. Questa emergenza assorbe le poche risorse sanitarie esistenti, togliendole ad altri servizi di solito dedicati alla salute degli anziani.
Altri anziani e anziane nei paesi impoveriti continuano a vivere di piccoli redditi, piccole attività artigianali e commerciali. Non hanno protezione economica. Sono senza pensione. Solo il 20% degli anziani ha una pensione nei cosiddetti paesi in via di sviluppo. Il COVID ha messo in crisi le loro piccole attività, fanno fatica a tirare avanti. Non hanno scelta devono continuare a lavorare esponendosi al rischio del contaggio.
Molti di loro hanno la fortuna di vivere con la famiglia. Tuttavia, se i loro figli hanno perso il lavoro o comunque sono in difficoltà, si sentono il peso della loro condizione di dipendenza. D’altro canto, lo Stato non fornisce alcuna protezione sociale ed economica se non funziona la rete familiare, degli amici e dei parenti, tutto diventa più difficile.
Una odiosa discriminazione verso anziani ed anziane vi è quando la carenza del servizio sanitario “costringe” gli operatori a scegliere a chi dare le cure oppure sono i politici a influenzare le decisioni su queste stesse. Vi è l’idea che si debbano offrire le terapie ai più giovani, alle persone produttive, che hanno ancora un futuro da vivere, piuttosto che agli anziani. Una preferenza inumana. Nei paesi impoveriti l’insufficienza dei sistemi sanitari può portare, comunque, a scelte tragiche di questo tipo.
Come si vede l’impatto del COVID sugli anziani è particolarmente grave e dipende da un intreccio di diverse cause, condizioni e situazioni, di tipo sociale, economico e istituzionale. Il virus ancora una volta mette in luce le cause strutturali che sono alla base delle discriminazioni e dell’iniquità sociale. Non si morirebbe di COVID se il sistema sanitario funzionasse bene, se esistesse una rete sociale ed economica di sostegno, se venisse riconosciuta la pari dignità delle persone anziane.
Emerge in particolare l’importanza essenziale della famiglia allargata, dei rapporti di vicinato, di un sistema sociale locale che accoglie e protegge, che scalda il cuore e che mette al centro della sua cura le persone più vulnerabili, tra cui gli anziani.
È su queste basi che occorre ricostruire il ruolo dello Stato, a partire dalle sue fondamenta sociali, dalle famiglie alle comunità locali, al rapporto con i servizi territoriali di aiuto. Uno Stato che non può essere ulteriormente depauperato, soprattutto nei paesi impoveriti, e per questo occorre risolvere i problemi del debito come indicato in FOCSIV e CIDSE per la cancellazione del debito. Draghi ascolta! – FOCSIV
La solidarietà dal locale al globale è la risposta per essere fratelli e sorelle tutti. “Una tragedia globale come la pandemia del Covid-19 ha effettivamente suscitato per un certo tempo la consapevolezza di essere una comunità mondiale che naviga sulla stessa barca, dove il male di uno va a danno di tutti. Ci siamo ricordati che nessuno si salva da solo, che ci si può salvare unicamente insieme.” (Par.32 Fratelli tutti)