Pasqua di speranza, Pasqua di solidarietà, Pasqua di giustizia
di Massimo Pallottino, Caritas Italiana
Per i credenti, la Pasqua è al tempo stesso il segno della conclusione di un periodo trascorso nel silenzio e nell’ascolto, e l’annuncio di una vita nuova attraverso il compimento del Mistero cristiano.
Il nostro Paese, e il mondo intero, aveva già vissuto una Quaresima di pandemia lo scorso anno, al termine della quale la Resurrezione appariva ancora come lontana. Si era allora sospesi nel pieno di un periodo doloroso e incomprensibile, simboleggiato dall’immagine di Papa Francesco da solo in una Piazza San Pietro completamente vuota.
Come vivremo il periodo pasquale di quest’anno?
Il mondo intero desidera risollevarsi da un ormai lungo passaggio, dove le esistenze di tutte e tutti coloro che abitano il Pianeta, soprattutto delle persone più fragili e vulnerabili, si sono trovate a rischio: fragilità fisiche, ma anche psicologiche; fragilità sociali, economiche, politiche.
Quest’anno, spezzare il pane nel giorno della Pasqua di Resurrezione potrebbe avere un senso diverso: di maggiore consuetudine per condizioni che ormai nuove non sono più; di speranza per la fine di un tunnel che sembra di scorgere già all’orizzonte.
Si tratta però di una speranza ancora fragile e incerta. In moltissimi in Italia, come in tutto il resto del mondo, attendono con ansia i bollettini della diffusione del virus, delle chiusure e delle riaperture. Non tanto, ormai, per paura del contagio, quanto piuttosto è dalle chiusure e dalle riaperture che dipende la speranza di un futuro a brevissimo termine, meno incerto.
È il tempo nel quale la solidarietà è più difficile e questa è richiesta a persone già messe a dura prova, ma dove è più importante, poiché nutre di concreta vicinanza la speranza di ricostruire una società più coesa di quella che conoscevamo prima della pandemia.
Da qualche tempo nel nostro Paese la cupa propaganda del ‘prima gli italiani’ non invade più le prime pagine dei giornali, tuttavia occorre uno sforzo ancora più incisivo affinché diventi un patrimonio comune, una priorità diversa: ‘prima i più fragili e i più vulnerabili’.
È stato necessario una presa di posizione del Primo Ministro, Mario Draghi, che ha richiamato al senso di responsabilità chi aveva ceduto alle pressioni di potenti centri di interesse, quando non anche di amicizie ed influenze non sempre confessabili. Non senza qualche contraddizione: si può, ad esempio, riflettere sulla priorità nell’accesso alle vaccinazioni offerta a tutti gli appartenenti alle forze armate, senza che alcuna attenzione specifica fosse posta per le migliaia di volontari della Caritas o di altre organizzazioni che hanno mantenuto in questi mesi una relazione ed un ascolto personale e diretto verso chi è stato più duramente colpito da questa grave situazione.
L’azione di vicinanza e di prossimità è davvero il modo di costruire una cultura della cura reciproca, come indicato da Papa Francesco nel messaggio per la Giornata della Pace di quest’anno. È anche l’imperativo che emerge con forza sia dalla Laudato Sì che dall’Enciclica Fratelli tutti: siamo di fronte a sfide che riguardano tutta l’Umanità. L’unico modo per affrontarle è farlo insieme, a partire dalle comunità locali per arrivare ad una nuova intesa globale.
Costruire questa fase sulla solidarietà è però importante quanto chiedersi quanto il nostro modo di vita e modello di sviluppo non si trovi in diretta relazione con la situazione odierna. Viviamo nell’attesa di una prossima pandemia, ampiamente anticipata dalle autorità sanitarie di vigilanza globale; viviamo nell’attesa di una prossima tempesta finanziaria, dopo quelle che hanno già scosso la comunità globale negli anni passati, il cui ricordo è meno nitido solo in ragione delle più vicine urgenze imposteci dal COVID 19.
Nonostante un calo globale nel consumo di energia, non sembra che si sia allentata di molto la pressione nei riguardi del nostro Pianeta, tuttavia si intravede un forte pericolo che la ripresa post COVID 19 sia basata su soluzioni che hanno già mostrato i propri limiti in passato, sostanzialmente segnate da una pressoché totale assenza di risposte di governance realmente globale, come tratteggiato dall’ultimo rapporto dell’UNCTAD. Significativamente intitolato ‘Dalla padella nella brace?’.
Questa fase di lenta uscita dalla pandemia riproduce ed amplifica i tratti di una comunità globale profondamente divisa, una comunità dove la possibilità di un contrasto efficace al virus è riservata a quei pochi paesi che si sono assicurati le dosi di vaccino necessarie, con contratti che sembrano tutelare soprattutto le grandi case produttrici.
I più poveri e i paesi più impoveriti rimangono ai margini del contrasto della pandemia. Il caso più emblematico è quello dell’America Latina, dove si sono registrati un quarto dei i decessi per COVID 19 di tutto il Pianeta, ma dove le campagne di vaccinazioni stentano a partire.
Esiste una risposta possibile che è quella della sospensione temporanea dei diritti di proprietà intellettuale su tutti i prodotti che possono contrastare il COVID 19 e la conseguente pandemia: è la sola proposta che permetterebbe un aumento della produzione non solo di vaccini, ma anche di tutti quelle attrezzature vitali per fare fronte alle fasi più acute della malattia, che sono ancora oggi non a disposizione in molte aree del mondo.
Si tratta di una proposta inizialmente lanciata dai Governi di Sud Africa e India, poi sottoscritta molte decine di altri paesi, alla quale si oppongono proprio i paesi più ricchi. A nulla sono valsi fino ad ora gli appelli di personalità come Papa Francesco o del premio Nobel per la Pace Muhammed Yunus, mentre aumentano le voci che richiedono la sospensione dei brevetti in vista della riunione dell’Organizzazione Mondiale del Commercio che avverrà il all’inizio di giugno. Tuttavia non è possibile considerare ‘privata’ la conoscenza tecnica essenziale per fronteggiare una pandemia globale come quella che stiamo vivendo.
Riuscirà la comunità globale, a uscire dalla pandemia con misure concrete, a salvaguardia della vita e della dignità di ogni abitante della Terra?
Riusciremo a rendere disponibili a tutta la popolazione del mondo mezzi e risorse necessari alla lotta contro la pandemia?
Riusciremo a ripensare i nostri stili e modelli di vita, di produzione, di consumo in una prospettiva di reale sostenibilità?
Tutti abbiamo bisogno di una Pasqua di speranza. Abbiamo bisogno che questa speranza sia davvero nutrita di solidarietà e di giustizia.