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Senegal – Le imprese senegalesi a vocazione sociale

edgardo
19 Agosto 2020
Il Lavoro, Storie

di Stefania Garini, CISV Torino

In Senegal con le imprese a vocazione sociale

Abibatou Mbaye è la presidente di una piccola impresa rurale che dà lavoro a 25 donne nel comune senegalese di Gandon, regione di Saint Louis. «La nostra impresa è parte di un Groupement de femme cui partecipano tutte le donne del villaggio, circa 600: insieme ci occupiamo di agricoltura, produzione e trasformazione di cereali, artigianato, tintura di tessuti ed estrazione del sale». Ognuna di queste attività è diretta da un Comitato di gestione che si riunisce una volta al mese per decidere come impiegare le entrate, a beneficio dell’intera comunità. «I ricavi del nostro lavoro ci permettono di costruire punti d’accesso all’acqua, di pagare le rette scolastiche o le cure sanitarie alle famiglie che non possono permetterselo, di fornire scarpe e vestiti ai bambini, e anche di sostenere le attività economiche delle singole donne» racconta Abibatou.

La sua è una delle 210 micro imprese sociali – rivolte cioè non solo al profitto, ma al benessere di tutta la collettività – sostenute dal CISV di Torino con altri partner nelle regioni di Saint Louis, Louga e Thiès nel nord-ovest del Senegal.

Qui l’organizzazione punta a contrastare la povertà e creare occupazione nel settore dell’agricoltura contadina, dando lavoro per almeno il 70% a giovani e donne, più sfavoriti dal sistema economico, sostenendo le attività “verdi”, produzioni biologiche ed ecosostenibili, e le imprese sociali d’iniziativa migrante, realizzate cioè dai migranti senegalesi che vogliono tornare e investire nel Paese d’origine. In pratica si interviene con la fornitura di equipaggiamenti e attrezzature, la formazione tecnico-gestionale, l’erogazione di fondi di micro-credito e l’appoggio alla commercializzazione dei prodotti agricoli.

«Oggi grazie al CISV abbiamo la possibilità di acquistare alcuni materiali e macchinari che ci servono per migliorare la qualità del nostro lavoro» dice Abibatou. «E possiamo finalmente assumere altra gente, soprattutto persone giovani che hanno energia e voglia di fare, e che non saranno più costrette a lasciare le nostre terre».

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