Giovani per la pace, nella terra dei cedri
“Lontano dagli occhi, lontano dal cuore. Per uno che torna e ti porta una rosa, mille si sono scordati di te.”
Il ritornello di questa canzone italiana degli anni ’60 non poteva meglio esprimere la damnatio memoriae mediatica che avvolge il Libano, divorato nel silenzio da una crisi multilivello che da anni soffoca l’economia, la politica, la società della Terra dei Cedri ormai caduta in miseria.
Alla base della crisi economica, fra le peggiori al mondo dal 1850, vi è il crollo della lira libanese che dal 2019 ha progressivamente perso il 90% del suo valore impoverendo milioni di famiglie, mentre per una relazione inversamente proporzionale, continuano a crescere a un ritmo allarmante i prezzi del cibo, carburante, medicine.
Lo stipendio minimo di 675 mila lire libanesi che nel 2019 valeva 450 dollari, oggi ne vale solo 30. Pertanto, è diventato praticamente impossibile, per la gran parte dei libanesi di ogni classe sociale, fare la spesa, cucinare, mandare i figli a scuola, vivere. L’acquisto di semplice cancellaria per i bambini superano ormai i 200 dollari, oppure una confezione di assorbenti per una donna equivale a 17 dollari, circa la metà dello stipendio minimo garantito.
A quella economica si aggiungono altre due crisi: quella del sistema politico, contro il cui mal governo sono esplose nell’ottobre 2019 le proteste popolari che hanno attraversato tutto il Paese, proteste che a fasi alterne ancora infiammano gli animi dei libanesi; e quella sociale, che ha come protagonisti oltre 3 milioni di poveri, dei quali la metà è costituita da libanesi che a causa della crisi economica hanno perso il lavoro ed i risparmi di una vita, mentre l’altra metà è rappresentata dai rifugiati palestinesi, iracheni e soprattutto siriani arrivati a causa di una guerra, che dal 2011, sconvolge e ferisce la Siria.
La significativa presenza di siriani ha aumentato le tensioni sociali fra libanesi e rifugiati in un Paese già fortemente instabile.
In questa difficile cornice si inserisce il programma Giovani per la pace promosso da Caritas Libano, una formazione teorica sulla cittadinanza attiva, la riconciliazione fra popolazione locale e quella rifugiata, in particolare siriana, e la progettazione sociale. Un programma che permette ai giovani libanesi e siriani di vivere delle esperienze di servizio pratiche a favore delle famiglie con forte disagio economico, bambini, sfollati interni o rifugiati, disabili ed anziani.
Un’iniziativa che ha reso ancora più concreta la solidarietà di questi giovani, impegnati per la pace, è stata la tragica esplosione del porto di Beirut che ha causato centinaia di vittime e oltre 300mila sfollati. Nelle ore immediatamente successive la deflagrazione circa 800 giovani, da ogni parte del Libano, sono arrivati per prestare servizio alla popolazione coinvolta.
Fra i tanti giovani volontari di Caritas Libano c’è Zeina, siriana, 22 anni, giunta nella Terra dei Cedri nel 2016 per fuggire dalla guerra nel suo Paese. “Il dolore che ho provato per l’esplosione, per tutte quelle persone che hanno perso la vita, i loro cari, le loro abitazioni è stato enorme. So bene cosa vuol dire, vengo dalla Siria. È stata per me un’empatia naturale, oggi considero Beirut come la mia città. Insieme al team di volontari del programma Giovani abbiamo lavorato 24 ore al giorno, per ripulire le case ricoperte da macerie e per distribuire cibo e acqua alle tantissime persone ormai prive di tutto.” racconta Zeina.
Tuttavia, la buona volontà non basta “Noi volontari Caritas, siriani e libanesi, ed anche i semplici cittadini ci siamo dati da fare senza sosta, tuttavia non è stato sufficiente. Pur tuttavia se l’emergenza è passata e le persone hanno ricevuto cure mediche, un alloggio e la città è stata ripulita dai detriti, questo non basta. Beirut e tutto il Libano, i libanesi ed anche noi siriani, viviamo una costante situazione di emergenza: per questo il programma Giovani per la pace è così importante. Grazie a programmi di cittadinanza solidale, che includono attività come i campi estivi per bambini vulnerabili, la ristrutturazione di abitazioni di famiglie fragili, la riforestazione di aree desertiche del Paese ed anche la formazione teorica per i giovani volontari con incontri sull’importanza della pace e della riconciliazione, noi ragazzi siriani e libanesi possiamo costruire un mondo nuovo. Possiamo essere quella differenza capace di unire una società, divisa sia in Libano che in Siria, da troppo tempo.”