Lavoro e cooperazione per il futuro del Medio Oriente

Come ci ricorda Papa Francesco nel suo dialogo con i movimenti popolari: Terra, Casa e Lavoro sono le condizioni indispensabili per la dignità umana.
La Campagna “la Pace va oltre” sostiene la realizzazione di queste condizioni nel Medio Oriente, in un’area geografica ferita da guerre e conflitti, dove è particolarmente difficile avviare percorsi di ricostruzione.
Diversi interventi sostenuti dalla Campagna sono rivolti affinché le comunità locali possano generare opportunità di lavoro per i giovani, uomini e donne, dal basso, concretamente, nonostante le grandi difficoltà presenti, in questa area, sul piano economico e politico.
Il progetto di CELIM Milano, ad esempio, a Hasbaya nel Libano meridionale, territorio reso povero da anni di occupazione israeliana tanto che dal 1978 è sotto la protezione della missione delle Nazioni Unite UNIFIL, ha come obiettivo quello di permettere il raggiungimento dell’efficienza produttiva a 500 olivicoltori. A partire dal miglioramento del rapporto qualità-costi di produzione, con il conseguimento di uno stabile accesso al mercato interno ed estero e con la diminuzione dell’impatto ambientale dell’intera filiera. Un’azione che si inserisce in una situazione libanese drammatica: la crisi economica e politica è spaventosa e il disagio sociale è cresciuto portando alla povertà ben tre quarti della popolazione[1].
Si promuove l’attività rurale legata all’olivicoltura, che coinvolge l’85% del prodotto, qui grazie al clima mite ed a una terra adatta è possibile questo tipo di coltura. Tuttavia, una parte importante dell’olio rimane invenduto a causa della scarsa qualità di questo e agli alti costi di produzione. D’altro canto, l’olivicoltura ha un impatto importante sull’ambiente circostante: gli scarti della lavorazione della filiera sono riversati nel fiume Hasbani inquinando le falde acquifere.
Migliorare, quindi, l’efficienza produttiva e consentire un accesso stabile ai mercati e ridurre l’impatto ambientale, sono gli obiettivi dell’intervento di CELIM, che collabora con Ingegneria senza Frontiere – Milano, Chico Mendes e con i partner locali come El Khalil Foundation e Lebanese Agricultural Research Institute.
Il problema del lavoro è altrettanto grave in Siria dove la guerra, in corso ormai da 11 anni, ha provocato 450.000 morti, 4,5 milioni di rifugiati nei Paesi vicini, 1 milione di emigrati nei Paesi occidentali e 8 milioni di sfollati interni. In questo contesto difficilissimo la FMSI – Fondazione Marista per la Solidarietà Internazionale con i Maristi Blu sostiene un intervento ad Aleppo, seconda città della Siria, devastata dal conflitto e dove la popolazione ha vissuto per 3 anni senza acqua ed elettricità. Attualmente, la situazione economica è tragica: la disoccupazione raggiunge il 50% della popolazione e l’82% delle famiglie vive sotto la soglia di povertà.
Qui si interviene con diverse attività: dal sostegno alle donne povere grazie alla scuola materna per i bambini ad un programma di supporto scolastico per i minori delle famiglie sfollate. Per favorire l’occupazione dei giovani sono organizzati corsi per acquisire delle competenze professionali in idraulica, falegnameria, elettricista, meccanica, pittura, sartoria, con stage presso le botteghe di artigiani esperti e orientamento per l’avvio di microimprese con la partecipazione di professionisti di Aleppo. I migliori progetti di microimpresa sono poi finanziati ed accompagnati nella fase di avvio dell’impresa.
A sua volta Caritas Italiana con Caritas Siria opera nel quartiere di Babtouma, nella città vecchia di Damasco, dove hanno inaugurato un Centro giovanile, aperto a ragazze e ragazzi, senza distinzioni di credo politico, religioso, di estrazione sociale.
In questo Centro l’intervento “Come fiori fra le macerie” propone ai giovani corsi di formazione in artigianato e discipline artistiche locali, volto ad imparare un mestiere. Inoltre, grazie al programma di eventi rivolti al tema della pace e della riconciliazione, ed alle relazioni personali che si creano nello spazio protetto del Centro, i giovani vengono formati ai valori della convivenza civile, alla cura e al rispetto delle differenti identità, in modo che sia possibile ricostruire, tramite l’arte e la bellezza, quel tessuto sociale lacerato dalla guerra.
La situazione è drammatica anche in Iraq dove 4,1 milioni sono le persone in stato di bisogno, il 67% della popolazione, mentre il 29% della popolazione è in un bisogno “acuto”. Di questi circa un milione e mezzo sono gli sfollati, dei quali i minori rappresentano circa il 30%. La mancanza di lavoro è cronica e gravissima: secondo gli operatori di Caritas Iraq, solo il 10-12% della forza lavoro ha un impiego stabile, mentre il 30-40% è assolutamente disoccupato e non riesce a trovare nemmeno lavori occasionali.
Nonostante ciò Focsiv è impegnata nella ricostruzione delle strutture economico-sociali dei gruppi più vulnerabili in Erbil, nel Kurdistan iracheno. Sono numerosi i programmi di formazione che organizza per donne e giovani; corsi di lingua inglese, per parrucchiera ed estetista, cucito, barbiere ed elettricista e per l’apprendimento del mestiere di meccanico. Inoltre, è stato avviato uno sportello psicologico per dare supporto alle donne, spesso vittime di violenza domestica oppure conseguenti ai traumi subiti dalla guerra.
Queste azioni apparentemente possono sembrare poche gocce in un mare disperante, ma rispondono a bisogni e diritti concreti verso persone reali che chiedono sostegno al loro sforzo quotidiano nel riguadagnare lavoro e dignità. È da queste gocce che assieme ad altre iniziative possono sorgere onde di speranza e cambiamento.
Sicuramente il contesto è molto complesso e difficile: la povertà del mercato locale, l’inflazione, la svalutazione e l’insufficienza degli investimenti per la ricostruzione sono elementi che concorrono alla grande incertezza nel generare nuove opportunità di lavoro. A tutto questo si aggiungono gli scontri politici, etnici e religiosi che rendono ancor più complicato l’agire verso un reale cambiamento.
Tutti gli interventi, compresi quelli descritti, sono parte di un insieme articolato di azioni che affrontano anche la questione culturale delle discriminazioni e volte alla ricostruzione, soprattutto, delle relazioni umane e tra le comunità, in modo che si possa generare fiducia e speranza per tutti e tutte.
Tuttavia, questi interventi potrebbero avere ancora più impatto se la comunità internazionale e l’Italia decidessero di investire realmente nella cooperazione tra i popoli.
La Campagna 070 partecipata da Focsiv e Caritas Italiana chiede che lo Stato Italiano dedichi lo 0,7% del reddito nazionale lordo all’aiuto pubblico allo sviluppo, come già sottoscritto 50 anni fa nel consesso delle Nazioni Unite (home – campagna 070), mentre oggi tale investimento è solo di poco più dello 0,2%.
Infine, non si può non considerare e addolora che in questi giorni il nostro Parlamento ha deciso intanto di investire in armi fino al 2% del prodotto interno lordo.
Gli interventi della Campagna La pace va oltre possono consentire la rinascita delle comunità e il lavoro delle popolazioni mediorientali, ma la politica deve avere la capacità di trasformarsi per il Bene comune e la pace.