Thailandia – Aquiloni di gomma. Essere donna, bambino e immigrato nel Paese, oggi
di Beppe Pedron, Caritas Italiana
Pi Toi trascina con stanca determinazione il secchio di plastica verde che dalle prime ore della mattina è, come ogni giorno, il suo unico compagno di lavoro.
Anche oggi ha già trascorso quattro ore a raccogliere il liquido bianco e appiccicoso che gli alberi piangono puntualmente quando vengono tagliati dalle mani sapienti di Rungrote, il marito di Pi Toi. Il caldo aumenta e il sudore tramuta in rossa la sua maglietta rosa, che mal si abbina a bermuda a quadri, infradito logore e il cappello a tese larghe, unico riparo dai raggi inesorabili del sole.
Solo quando due secchi saranno pieni, solo quando la gomma liquida sarà depositata nella cisterna che il padrone del terreno svuota una volta ogni tre giorni, solo quando sarà sicura che dal tronco di ogni albero, appena sotto il taglio più fresco, la coppetta che raccoglie il nettare delle piante non sarà più piena, solo allora Pi Toi sarà libera.
Sarà libera di prendere il proprio motorino, percorrere i quattro chilometri che la separano da casa per accogliere Jirawat e Gamon che rientrano da scuola, preparare loro il pranzo, attendere il marito di rientro per la pausa, assicurarsi che le galline di casa siano curate, che il maiale pingue, che riposa sul terreno fronte strada, sia nutrito. Ed anche che lavi le uniformi dei figli, procuri l’acqua, pensi alla cena e visiti la madre anziana che vive con la sorella a pochi minuti da casa sua.
E poi sarà sera: quando cala il sole e l’aria diventa respirabile, allora potrà raccogliere i panni stesi, lavare il pavimento, addormentare i bambini e dedicarsi a guardare alla telenovela della sera.
La Tailandia ha la concentrazione più alta di lavoro femminile di tutta quella area asiatica con ben oltre il 47% di donne rispetto al totale complessivo della forza lavoro.
Tuttavia, come accade in moltissime altre parti del mondo, il trattamento riservato alle donne è iniquo e discriminatorio. Spesso, infatti, vengono retribuite meno degli uomini, pur essendo sottoposte ai lavori più pesanti ed incerti, relegati nell’informalità se non nell’illegalità.[1]
Mentre nelle città o presso le aziende più importanti la componente della forza lavoro femminile è elevata ed anche giustamente retribuita e trattata, nelle campagne donne e ragazze sono impiegate per la maggior parte in agricoltura, nella pesca o nella ristorazione senza veri contratti e in quasi totale assenza di diritti, garanzie e sicurezza.
Il Paese resta, però, nell’area, come lo è per l’economia, un esempio virtuoso rispetto a molti altri Stati confinanti.
Nel mercato del lavoro tailandese il 32% delle posizioni di direzione e gestione è occupato da donne e solo il 5% delle medie imprese non ha donne con incarichi direzionali, in netto miglioramento rispetto al dato del 19% dello scorso anno. A conferma di ciò, anche nelle massime posizioni di amministratore delegato nelle grandi aziende si trovano il 24% di donne, al di sopra della media mondiale che è del 20% e di quella asiatica del 13%.[2]
Pi Toi accompagna a scuola i figli la mattina e prima di dirigersi al campo della gomma, porta un’offerta di cibo al tempio alle porte del gruppetto di case che forma il suo villaggio e dell’altro cibo a Rakoi.
Rakoi ha solo venticinque anni e già una figlia di nove. Abita da sola e lavora presso un ristorantino della zona, come cameriera, lavapiatti e tuttofare. I pochi soldi che riesce a racimolare, a volte anche offrendo servizi sessuali ai clienti più insistenti, non bastano a pagare i costi di manutenzione della casa, il cibo e la scuola per sua figlia Nun.
La piccola è nata in un distretto lontano, luogo di origine di Rakoi. E solo Pi Toi, unica amica di tutto il villaggio, sa che è frutto di uno stupro avvenuto in casa, dove abitava anche lo zio, l’unico a lavorare.
Rakoi, con il suo sguardo sempre basso e triste, ha provato a denunciare allora l’atto di violenza subito, ma nessuno, nemmeno la madre, le ha creduto. Prima è stata smentita, poi additata come pazza e infine allontanata da casa. Mentre lei si trova a centinaia di chilometri con la figlia ed entrambe tentano di gestire le loro esistenze, lo zio vive ancora in casa, impunito unico benefattore della famiglia.
Jaray Singhakowinta, professore aggiunto di Studi sulla Sessualità presso la NDIA a Bangkok, sostiene che il numero crescente di crimini sessuali di cui sono vittime donne ed adolescenti sia il segno di quanto il Paese sia sottomesso al sistema patriarcale.
Uno studio condotta vent’anni fa dall’UNFPA evidenziava come il 44% delle donne intervistate fosse stata vittima di violenze fisiche e sessuali da parte di un partner almeno una volta nella vita e il 22% secondo i dati dell’anno precedente alla ricerca.
Il fatto che ancora oggi si usino i dati di questo studio vecchio di due decadi, la dice lunga di come ci sia la volontà di non scandagliare una problematica cosi urgente e i motivi secondo i quali i Governi ancora non abbiano condotto uno studio complessivo a livello nazionale sul problema.
Una legge specifica è stata emanata nel 2007, questa protegge le donne dagli abusi esterni alla famiglia, ma non prevede interventi penali se gli stessi abusi avvengono all’interno delle mura domestiche o nelle relazioni familiari prossime.
La tradizione, che separa le “faccende private” da quelle pubbliche e che si basa su un sistema patriarcale, unitamente a situazioni di necessità economica e di mancata emancipazione sociale sono alla base di questa tendenza.[3]
Nei pomeriggi, dopo la scuola, Nun, la figlia di Rakoi, si reca presso il learning center, la scuola informale del villaggio, dove molti bambini stranieri si ritrovano per studiare.
I migliori amici di Nun sono Bhoupa e Aye, una di origine cambogiane e l’altro birmano. Vivono con i genitori in un agglomerato accatastato e sporco composto da tante baracche in legno l’una sull’altra. I padri di entrambi sono impegnati sulle barche per la pesca d’altura e tornano a casa ogni tanto, carichi di stanchezza, lividi e poco denaro. La mamma di Bhoupa fa la cameriera nei ristorantini lungo il porticciolo e quella di Aye è l’inserviente di una famiglia thailandese mediamente agiata.
Nun passa ai suoi amici i propri vestiti smessi, d’altronde è solo poco più grande, loro li usano per la scuola e per le cerimonie importanti.
Verso sera, dopo le lezioni, stanchi e felici di stare insieme siedono sul pavimento di tavole della baracca di Bhoupa e, quando la mamma si prepara per uscire per il lavoro, loro tre guardano la telenovela e sognano storie d’amore luccicanti, mentre la pubblicità incita tutti a comperare nuove tecnologie, vestiti e auto.
Per Aye, nuovi sono i vestiti usati di Nun, Mentre è già vecchia, nella sua mente piccola, quella sensazione di mancamento quando la fame si fa più forte e non basta la minestra bollita di riso e verdure che la mamma ha preparato per tutti.
Secondo un rapporto del Credit Suisse[4], l’1% della popolazione thailandese gestisce il 67% della ricchezza nazionale, questa è la situazione, tanto che è classificato come il Paese con il maggior divario tra ricchi e poveri del mondo.
Le ricerche indicano che il 10% della popolazione nella fascia più bassa della piramide sociale possiede lo 0% della ricchezza, la maggior parte è indebitata con banche ed istituzioni private oppure non possiede neanche un documento di identità o di “esistenza legale” nel Paese e quindi non esiste.
La crescita straordinaria del PIL della Thailandia, tra gli anni ’50 e ’80 del secolo scorso, ha creato un sistema stagnante per le classi più povere e una possibilità di guadagno quasi senza limiti per i ricchi.
Il divario, poi, non viene bilanciato da politiche sociali di assistenza o sviluppo e solo il 7,8% del PIL viene usato per i servizi sociali, di contro ad una media del 20-30% dei Paesi sviluppati.
E cosi il tasso di povertà interna è balzato da un 7,2 ad un 9.8% tra il 2015 e il 2018, aggiungendo due milioni di nuovi poveri. [5]
Nella fascia più bassa di queste nuove, ma da tempo conosciute e radicate, povertà ci sono gli immigrati e tra essi le donne.
I numeri mettono in evidenza come gli immigrati siano il 58% uomini mentre il 42% siano donne. Le organizzazioni che da anni lavorano con i migranti stimano, però, che la presenza di immigrate sia molto maggiore e che esse sfuggano ai controlli e alle statistiche perché irretite nelle maglie dell’illegalità.[6]
Molte donne lavorano ai margini, molti bambini nascono senza la possibilità di essere registrati diventando cittadini di serie B, se non C o D. Ciò rende evidente come il divario nella distribuzione della ricchezza sia ampio anche nel riconoscimento dei diritti dei bambini.
Nelle metropoli i figli dei cittadini di origine Thai studiano nelle scuole internazionali più prestigiose, sognano carriere e formazione all’estero e diventano poi parte dell’élite del Paese. Nelle stesse città e ancor di più nelle campagne, altri bambini figli di thailandesi, soprattutto se figli di immigrati o di appartenenti alle minoranze etniche, combattono quotidianamente per essere riconosciuti, per poter mangiare o studiare.
Aye e la mamma, la sera pregano sempre inginocchiate per terra e ringraziano Dio il Buono perché hanno un tetto e una pentola dove cuce una minestra.
La zia di Aye vive in un centro, poco distante: è stata fermata dalla polizia un giorno e siccome non aveva i documenti per stare in Thailandia è stata chiusa in un luogo dove lei i suoi figli ricevono cibo e possono studiare senza poter uscire.
Le condizioni di vita in questo Centro sono paradisiache rispetto al Centro di detenzione per Migranti Illegali (IDC), nel quale sono stati rinchiusi per mesi. Lì le celle erano affollatissime, dormivano spesso l’uno sopra l’altro e con una pericolosissima promiscuità di etnie, generi, età e provenienze.[7]
Pitoi ritorna con le braccia stanche e gli occhi arrossati, porta due papaye, una per i suoi figli ed una per Rakoi che osserva, sguardo perso nel vuoto, sua figlia Nun giocare con i suoi amici del cuore. Almeno il cuore, almeno quello, non è immigrato né logoro né abusato.
Nun, Bhoupa ed Aye si riconcorrono sulla spiaggia, inseguono i sogni che hanno la forma di aquiloni nel vento.
[1] Multi-dimensional Review of Thailand 2018
[2] Women in Business 2020 Report
[3] Thailand Has a Gender Violence Problem
[4] Global Wealth and Data book report
[5] Poverty, Inequality in Thailand on the Rise, World Bank Says