Uganda – Le donne di Ggaba cambiano, con il loro lavoro, la società patriarcale ugandese
Nankabirwa Betty, Fondatrice e Presidente dell’Associazione delle donne, che si riuniscono nella sua ampia casa. Qui riceve anche i giovani del villaggio con disabilità varie, insegnando loro attività artigianali.
di Tommaso Tancredi, giornalista e fotografo in visita all’intervento di Movimento Shalom
Il quartiere di Ggaba, sulle sponde ugandesi del Lago Vittoria, è da sempre un luogo vivace. Qui il lavoro non manca. Tuttavia, senza l’intervento del microcredito del Movimento Shalom non avremmo mai potuto avviare tante piccole attività che contribuiscono al nostro personale sviluppo economico.
Sono Nankabirwa Betty, fondatrice e Presidente dell’Associazione di donne Saint Elizabeth Ggaba Women’s Group, il gruppo delle donne del microcredito di Ggaba. Ne parlo come protagonista diretta di questa esperienza.
In Uganda viviamo con i proventi delle piccole imprese agricole e cooperative, ma la difficoltà di accedere ai prestiti bancari non consente alle nostre attività produttive di nascere e svilupparsi. Per le banche tradizionali le nostre garanzie reali sono sempre state insufficienti e inadeguate e fino al 2011. Da questo anno il Movimento Shalom ha avviato questo intervento di microcredito, prima di questo molte di noi erano costrette a vivere in condizioni di povertà ed emarginazione.
Questo sistema, in realtà, credo di poter parlare a nome di tutte le donne che ne fanno parte, ci ha restituito la dignità. La nostra possibilità di crescita ce la conquistiamo, infatti, sul campo, giorno dopo giorno. Ancor prima di ricevere il credito ci viene riconosciuta la fiducia in noi stesse, come persone.
Qui a Ggaba siamo 200 donne che, a piedi scalzi e mani nude, abbiamo rivitalizzato il mercato del quartiere. E ce ne sono 762 in tutto l’Uganda. Abbiamo avviato tante e diverse attività: dalla vendita di carbone o pesce o banane a quella di matoke – il nome ugandese per il platano – dalla produzione di patatine fritte al commercio di scarpe fino all’allevamento di polli e capre. In campagna, invece, le donne vendono le pannocchie o il caffè essiccato o hanno aperto piccoli bar e mercerie.
E se ci allontaniamo un attimo, ci sono i nostri figli che mandano avanti le attività.
Per avviare queste microimprese una donna ha bisogno di un piccolo prestito che può restituire in 12 rate maggiorate con una piccola percentuale di interessi, che andrà a finanziare altri progetti. L’anno successivo, se l’imprenditrice ha saldato il prestito, può accedere ad un finanziamento maggiore, continuando così ad incrementare il suo business.
In questo modo viviamo sulla nostra pelle, come piccoli imprenditori, la responsabilità della crescita e del successo che, spesso, si accompagna a piccole conquiste quotidiane, come, ad esempio, l’accesso ai servizi sanitari e scolastici per i nostri bambini.
“Voglio ringraziarvi, proprio perché state raccontando la nostra storia, che non è una storia strappalacrime, ma è il racconto delle nostre faticose battaglie e delle piccole vittorie di ogni giorno. In questi anni abbiamo promosso anche il nostro sviluppo umano, di pari passo a quello economico. Tutte ne siamo felici ed entusiaste per due ragioni principali. La prima innanzitutto è che il microcredito si rivolge non a singoli, ma a gruppi di persone per promuovere la solidarietà e l’aiuto reciproco. Grazie a questo siamo diventate sempre più complici e solidali, le une verso le altre. Inoltre il microcredito è rivolto a noi donne. Siamo noi, in fondo, la spina dorsale del Paese. Mogli, madri, amiche, lavoratrici. Oggi anche forza produttrice. E piano piano qualcosa sta cambiando anche in una società patriarcale come la nostra che ci ha sempre relegato in un ruolo subalterno rispetto all’uomo.”
L’Africa è donna. Andiamo avanti così: con piccoli interventi e piccole somme.
A piccoli passi.