Il vero costo del COVID-19: un’ipoteca sul futuro delle giovani generazioni
Massimo Pallottino
L’inizio delle scuole è sempre un momento particolarmente intenso, su tutto il pianeta. Ma quest’anno le cose sono diverse: il passaggio del coronavirus ha cambiato le carte in tavola. Il mondo sta, forse troppo lentamente, prendendo consapevolezza del prezzo enorme pagato dalle giovani generazioni.
Secondo l’UNICEF, gli effetti della pandemia hanno toccato più di 1,5 miliardi di studenti a livello globale, e 1 miliardo di studenti non hanno ancora avuto la possibilità di rientrare ancora a scuola. La chiusura delle scuole ha impattato profondamente sui percorsi di apprendimento dei e delle giovani di tutto il pianeta, e si calcola che non meno di 463 milioni di bambini non abbiano avuto alcun accesso a modalità alternative di didattica a distanza. Una vera catastrofe, che si è abbattuta in modo più forte sui paesi più fragili e sulle fasce sociali più deboli e vulnerabili; e i cui effetti dureranno per anni.
Gli effetti della chiusura non sono però limitati a questo. Esistono anche altri effetti di tipo sociale, che si sono verificati in molti casi soprattutto nei paesi più poveri, dove la scuola rappresenta uno dei pochi luoghi di promozione e protezione per i bambini provenienti da famiglie fragili e vulnerabili. La scuola è infatti in molti paesi il luogo in cui almeno una volta al giorno tutti i bambini possono consumare un pasto decente; e con la chiusura delle scuole, sono stati almeno 346 milioni i bambini che hanno perso questa opportunità.
Anche in Italia si sta prendendo inoltre consapevolezza di come la lunga fase di lockdown abbia coinciso con un aumento della violenza domestica, sulle donne e sui minori; ma in molti paesi del sud globale a questo fenomeno si è aggiunta una pressione ulteriore sulle bambine e sulle ragazze, con un aumento dei matrimoni precoci e delle gravidanze indesiderate. Ma anche senza arrivare a manifestazioni di violenza o di costrizione, si sono già riscontrati gli effetti negativi dovuti all’isolamento prolungato verificatosi nel corso del lockdown, che in molte regioni del mondo non sembra affatto essere ancora una fase superata.
C’è da chiedersi infine chi pagherà i costi del disagio economico delle famiglie che si manifesta con la riapertura delle scuole e con l’atteso riavvio delle attività economiche e produttive dopo la pausa estiva. Sono molti i casi in cui proprio le spese connesse alla frequenza scolastica (rette oppure acquisto di libri e materiali scolastici) a farne le spese in prima battuta; senza contare i casi in cui sono le famiglie stesse a dover fare ricorso al ‘serbatoio di forza lavoro’ rappresentato dai minori. Secondo un esperto del programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo Umano, i tassi di iscrizione alla scuola primaria sembrano ritornati al livello degli anni ’80, con un regresso di 30 o 40 anni sugli sforzi compiuti dalla comunità globale per assicurare a tutti e a tutte il diritto all’educazione di base. L’UNESCO stima che 23,8 milioni di bambini/e e giovani (dalla scuola materna all’istruzione terziaria) potrebbero abbandonare o non avere accesso alla scuola il prossimo anno, a causa del solo impatto economico della pandemia.
Se dunque l’impatto a breve termine della diffusione della pandemia è stato pagato dalle persone più avanti negli anni, a causa della fragilità che ha amplificato gli effetti diretti del coronavirus causando livelli altissimi di mortalità e di sofferenza, il rischio è che il costo maggiore a medio e lungo termine sia pagato dalle giovani generazioni, ed in particolare dalle ragazze e dalle bambine: la crisi del coronavirus avrà l’effetto di esacerbare le disparità educative già esistenti sul pianeta. Conseguenze che potranno essere valutate pienamente soltanto nei prossimi anni, quando le statistiche restituiranno l’immagine di cosa ne è stato di molti percorsi scolastici interrotti o rallentati.
In proporzioni variabili nei diversi paesi del mondo, i quattro effetti sopra ricordati (difficoltà nel seguire i percorsi scolastici; interruzione delle funzioni di supplemento alimentare da parte delle scuole; isolamento/ violenza; ripercussioni sulla frequenza scolastica a causa delle difficoltà economiche delle famiglie) pesano come macigni sulle prospettive di ripresa delle attività scolastiche.
Su un totale di 134 paesi che hanno chiuso le scuole a causa della pandemia, 105 hanno già stabilito una data per la riapertura delle istituzioni scolastiche; e 59 di questi 105 paesi hanno già riaperto le scuole o prevedono di aprirle presto. Anche nel nostro paese è in corso un acceso dibattito sul come dare tutte le risposte necessarie ad una ripresa in piena sicurezza. Ma in molte regioni del pianeta la questione si presenta come una vera e propria emergenza, che rischia di colpire ancora una volta le persone più vulnerabili e i più giovani, aggravando così ulteriormente i fenomeni di disuguaglianza che caratterizzano in modo così profondo il tempo in cui viviamo.